Ai tempi antichi visse un Re
che figli maschi non ne aveva ma solo tre belle ragazze: la prima
si chiamava Carolina, la seconda Assuntina e la terza le dicevano Fantaghirò
persona bella perché era la più bella di tutte.
Era un Re sempre malato e
ombroso, che viveva tutto il giorno
chiuso in stanza. Aveva tre sedie:
una celeste, una nera e una
rossa, e le figlie, andando a salutarlo la mattina, guardavano subito
la sedia su cui
s'era messo. Se era su quella
celeste, voleva dire allegria; su quella nera morte; su quella rossa,
guerra.
Un giorno le ragazze
trovarono il padre seduto sulla sedia rossa. Disse la maggiore: - Signor padre! Che avviene ?
Rispose il Re: - Ho ricevuto ora una
lettera dal Re nostro confinante che
mi intima la guerra. Ma io, malaticcio
qual sono, non so come fare perché l' esercito
non ho chi me lo comandi. Un buon generale, in quattro e quattr’otto, dove me lo trovo?
- Se lei me lo permette, - dice
la figlia maggiore, - il generale sarò io.
Comandare i soldati,
si figuri: crede non sia capace?
- Macché! Non sono affari da donne! -
disse il Re. E lei mi provi! -
insisté la maggiore.
- Provare, proviamo pure,
- disse il Re,
- ma sia ben chiaro che se per
strada ti metti a parlare di cose da donne, torni a casa di filato.
S’accordarono, e il Re comandò
il suo fido scudiero Tonino di montare a cavallo e
accompagnare la Principessa alla guerra, ma la prima volta che rammentasse cose
da donne, la riportasse subito a palazzo.
Così la Principessa e lo scudiero cavalcarono verso la guerra, e dietro
veniva tutto l'esercito. Avevano già compiuto un lungo tratto, quando si
trovarono a traversare un canneto. La Principessa esclama: - Oh, che belle
canne! Se le avessimo a casa, quante belle rocche per filare ne faremmo!
- Alto là, Principessa! - gridò
Tonino. - Ho l'ordine
di ricondurvi a palazzo. Avete parlato di cose da donne!
Voltarono i cavalli, e tutto l'esercito fece dietro-front.
Allora si presentò al Re la seconda. - Maestà, andrò io a comandare la
battaglia.
- Agli stessi patti di tua sorella?
- Agli stessi patti.
Così partirono a cavallo, lei con lo scudiero alle calcagna, e
dietro tutto l'esercito. Galoppa, galoppa,
passarono il canneto e la Principessa stette zitta. Passarono attraverso
una palaia e la Principessa disse: - Guarda, Tonino, che bei pali dritti e
sottili! Se li avessimo a casa, ne faremmo chissà quanti fusi.
E tutto l'esercito, armi e
bagagli, riprese
la via della città.
Il Re non sapeva più dove sbattere il capo, quand'ecco gli si presenta
Fanta-Ghirò.
- No, no, - lui le dice. Tu sei troppo
bambina! Non ci sono riuscite le tue sorelle, come vuoi che mi fidi di te?·
- A provarmi che male c'è, babbo? - disse la
ragazza.
- Vedrete che non vi farò sfigurare! Provatemi.
Così fu stabilito che partisse Fanta-Ghirò. La ragazza si vestì da
guerriero, con l'elmo, l' armatura, la spada, e due pistole, e partì con Tonino
lo scudiero che galoppava al fianco.
Passarono il canneto e Fanta-Ghirò zitta, arrivarono alla palaia e Fanta-Ghirò
sempre zitta. Così arrivarono al confine. - Prima di cominciare la battaglia, -
disse Fanta-Ghirò, - voglio avere
un abboccamento con il Re nemico.
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